Attualità (10-09-2017)

IL POPOLO DI DIO E’ SOGGETTO DELL’EVANGELIZZAZIONE

L’atto di comunicare agli uomini la notizia su Gesù “vangelo) rendendo gli altri partecipi della propria esperienza di fede, prolunga nel tempo la stessa esistenza della chiesa: senza l’atto della comunicazione della fede da un soggetto a un altro la chiesa semplicemente cesserebbe di esistere.
Una delle prese di posizione più importanti del Concilio è stata la definizione del popolo di Dio come soggetto responsabile della evangelizzazione. Essa ha significato il superamento della diffusa visione del clero come unico soggetto della missione, di cui i fedeli sarebbero semplicemente i destinatari. “A ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di disseminare, per quanto gli è possibile, la fede”.
Il popolo cristiano è composto in stragrande maggioranza da fedeli che attuano la missione con la vita e con la parola nella famiglia, nel gruppo sociale cui appartengono e nell’ambito della professione che esercitano, cioè nelle condizioni di vita proprie dei fedeli laici. Il Concilio, addirittura, mette in risalto una particolare efficacia ”dell’evangelizzazione compiuta nelle comuni condizioni del secolo”, e quindi dei fedeli laici dei quali è proprio integrare il vangelo “nell’ambito della società e della cultura della propria patria… affinché la fede di Cristo e la vita della chiesa non siano elementi estranei alla società in cui vivono, ma comincino a permearla e a trasformarla. Moltissimi uomini non possono né ascoltare il vangelo né conoscere Cristo se non per mezzo di laici che siano loro vicini.
Se si dovessero far carico della evangelizzazione solo i preti e i religiosi, l’opera risulterebbe, oltre che ridotta, anche qualitativamente lacunosa, perché essi non sono in grado di trasmettere l’esperienza della vita cristiana nella vita familiare e nelle innumerevoli forme del servizio al bene comune, nel mondo del lavoro, delle professioni e nelle responsabilità sociali e politiche.
Se quindi oggi si chiede che i pastori formino i fedeli all’assunzione in proprio di questa responsabilità e che i fedeli crescano nella coscienza della loro missione e la mettano in pratica, non è perché un’odierna, contingente emergenza lo imporrebbe, a causa della diminuzione del numero dei preti e dei religiosi. Si tratta, invece, del frutto di un discernimento che in questo nostro tempo la chiesa è stata chiamata a fare per recuperare tutta la ricchezza della sua forma originaria.

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