Attualità (13-07-2014)

LA PARROCCHIA
NELLA SOCIETA’ CHE CAMBIA

Proseguiamo la riflessione, avviata domenica scorsa sul nuovo modello di parrocchia.
Si sta delineando una situazione nuova della comunità cristiana nella società. Da nessuna parte, anche nei paesini più piccoli, la comunità cristiana coincide più con il paese e la società, ammesso che ciò accadesse in passato. Questo fatto è reso particolarmente evidente dalla presenza sempre più numerosa di altre religioni, ma, soprattutto, dalla diminuzione della frequenza alle liturgie e alle iniziative pastorali proposte dalle parrocchie e delle celebrazioni dei sacramenti, in particolare, matrimoni, battesimi e cresime.
In questa situazione di passaggio succede che la parrocchia, assai ridotta di presenze e di attività liturgiche, catechetiche e di animazione e formazione,, deve invece gestire strutture ed edifici pensati e costruiti quando essa era maggioranza e punto di riferimento per tutta, o quasi, la comunità.
In altre parole, si dovrebbe organizzare una pastorale nuova con strutture vecchie.
Cosa fare delle molte chiese, nelle quali fino a qualche decennio fa si celebrava ogni giorno e si facevano funzioni: novene tridui, maggetti ecc.? Cosa fare di locali parrocchiali nei quali non solo si faceva il catechismo, ma erano anche punto di incontro di ragazzi e giovani per attività culturali e ricreative che ora vanno cercare altrove? Che senso ha mantenere stanze e locali che, al massimo, vengono usati un’ora alla settimana per un po’ di catechismo? E le chiese e le cappelle sparse qua e là, che vedono ancora qualche piccolo gruppo di persone, per lo più anziane, che ogni tanto vi recitano il rosario?
Questi edifici hanno dei costi, tasse, consorzio di bonifica, manutenzioni, consumi… Per esigenze non solo pratiche (la mancanza di preti) ma anche teologiche e pastorali, si andrà sempre di più verso una programmazione degli orari delle messe fatti non in funzione della comodità della gente, ma in vista dell’evidenza comunitaria della celebrazione, con una partecipazione qualitativa e quantitativa significative: meno messe, ma più partecipate e animate. Messe celebrate non per soddisfare il precetto, ma per celebrare l’incontro festoso dei fedeli con il Signore e la sua parola e fra di loro come comunità di discepoli.
Gli edifici: chiese, locali parrocchiali, canoniche, ecc., che un tempo erano strumenti utili per le attività pastorali, oggi diventano un peso economico, amministrativo, assicurativo e di responsabilità che richiede tempo e personale; un peso che non può gravare sul parroco, già impegnato nella cura pastorale di più parrocchie.
Si apre il discorso, a questo punto, su uno dei problemi più sentiti: la figura e il ruolo dei laici. Il Concilio su questo tema ha espresso dei concetti e delle indicazioni chiare, ma si fa un’enorme fatica a metterli in pratica.. Il prete è ancora visto come l’unico depositario dell’azione pastorale e responsabile di tutto ciò che è della parrocchia , e, spesso, le incombenze di carattere amministrativo economico e burocratico non gli consentono di dedicare tempo e energie alla evangelizzazione, o, addirittura viene criticato da alcuni perché “chiede sempre soldi”.
A questo riguardo sono necessarie riforme anche di carattere canonico, che diano ai laici effettive responsabilità e non siano visti come semplici collaboratori del parroco. Tutto ciò richiede anche un grande lavoro di formazione dei laici e del loro legame con la comunità cristiana, perché non accada, come nel caso di alcune confraternite di Misericordia, che l’autonomia delle responsabilità corrisponda anche ad un allontanamento dello spirito vero della fede, del vangelo e della carità cristiana.
Pur tra mille difficoltà e resistenze, si stanno affermando ruoli di servizio laicale nella catechesi ai ragazzi e agli adulti, nella gestione amministrativa, nelle Caritas, nei centri di ascolto e nelle altre attività caritative e missionarie, ma anche nella liturgia e nelle celebrazioni.
Da noi queste novità, purtroppo, vengono lette dalla stragrande maggioranza dei fedeli più come problema che come opportunità, ma il cammino è irreversibile, e preludono ad un modo nuovo di vedere e vivere la chiesa.
La parrocchia sta ineluttabilmente cambiando il suo modo di essere e di fare e sta dando a sé stessa e agli altri una nuova idea di sé.
La scelta che ci è chiesto di fare è se vogliamo subire il cambiamento, o se lo vogliamo decidere e guidare.
.Il problema è che la nuova idea scaturisce quasi esclusivamente dalla prassi, e manca la capacità e forse anche la volontà, di una riflessione per una elaborazione teorica, pastorale e progettuale diversa da quella del passato.
Spesso si sentono persone che dicono: “Alla televisione, a Roma, si vedono tanti preti attorno al Papa; perché non li mandano nelle nostre parrocchie vuote?” Oppure: ”Perché il vescovo ha mandato tre preti a Massarosa e non li ha distribuiti nelle parrocchie vuote?”. Sono discorsi come si fanno spesso, da bar, che mettono bene in evidenza la mancanza di volontà di capire in profondità la nuova situazione e di discuterla nelle sedi opportune. Sono discorsi che non vogliono mettere in discussione i modi con cui le nostre comunità annunciano e testimoniano il vangelo ai giovani e presentano il servizio a Dio e alla comunità come una vocazione gioiosa e gratificante.

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