Attualità (14-07-2013)

  PACE E GIUSTIZIA NEL MONDO

Dopo aver affrontato nelle settimane scorse, a partire dalla “Pacem in terris”, i temi della pace e della giustizia in ambito sociale e familiare, ora li prendiamo in considerazione in ambito universale.
La globalizzazione ci mette sempre più di fronte all’esigenza di un bene comune universale, cioè di tutti gli esseri umani che vivono sulla terra, perché ognuno di essi è persona, soggetto, come ognuno di noi, di diritti e di doveri. La situazione mondiale, invece, è impostata su disuguaglianze e ingiustizie, di cui vediamo spesso alla televisione le conseguenze in moltitudini di persone che non hanno acqua, cibo, medicine, istruzione… La missione di Yalgo, in Burkina Faso, con cui la nostra Unità pastorale è collegata, ne è un chiaro esempio. Quasi mai però i grandi mezzi di comunicazione ci dicono le cause di queste situazioni, che sono la nostra mancanza di solidarietà e lo sfruttamento da parte dei paesi ricchi delle loro risorse.
Certo non possiamo risolvere noi problemi di così grande portata, ma possiamo dissociarci dalle ingiustizie che la nostra società compie nei confronti dei popoli poveri. Anzitutto assumere conoscenza e informazione critica e documentata per affermare i diritti di questi popoli in tutti i nostri rapporti con gli altri, in famiglia, in parrocchia, a scuola, al lavoro, con le istituzioni.
Spesso nelle discussioni sentiamo affermare di più la necessità di difenderci da loro, alle istituzioni si chiede di non dare loro risorse e benefici che vorremmo destinati esclusivamente a noi. E’ così che la cooperazione allo sviluppo è prevalentemente militare e non tanto mirata alla crescita delle popolazioni, ma alla difesa da ciò che riteniamo una minaccia al nostro sistema. Il terrorismo. E’ così che al fenomeno dell’immigrazione verso il nostro paese non abbiamo risposto, secondo giustizia, con progetti di sviluppo nei loro paesi e di accoglienza e inserimento nei nostri, ma quasi esclusivamente con leggi come la Bossi-Fini, e strutture come i centri di identificazione e espulsione, o con i respingimenti in mare. Sono stati più di ventimila i morti in mare durante le traversate della speranza. Papa Francesco proprio in questi giorni ce lo ha ricordato come una colpa di cui dovremo rispondere di fronte a Dio, e ci ha chiesto di opporci alla “globalizzazione dell’indifferenza”.
Nonostante tutte le resistenze, la nostra società è diventata sempre più multietnica, multiculturale, e multireligiosa, e non possiamo ignorarlo. Saranno sempre di più i matrimoni tra razze differenti e i colori della pelle, anche se riuscissimo a chiudere definitivamente le nostre frontiere. Le comunità multietniche tra noi sono numerose e lo saranno sempre di più, perché, mentre noi limitiamo al massimo le nascite, esse formano famiglie numerose. Il riconoscimento del diritto di cittadinanza ai figli di immigrati nati nel nostro paese è ormai inevitabile: è un loro diritto e un nostro dovere; è giustizia e basta!
E’ molto significativo che Papa Francesco abbia scelto come meta del suo primo viaggio fuori Roma, l’isola di Lampedusa, luogo emblematico di quelle periferie del mondo che, fin dall’inizio del suo pontificato, ha invitato a visitare e ascoltare.
E’ una giustizia che non parte da noi e dal mantenimento della nostra posizione di privilegio, è una giustizia che parte dalle vittime dell’ingiustizia del mondo e rivela la necessità di una profonda conversione del nostro sentire e del nostro agire.

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