Attualità (19-01-2020)

UN PROFETA A TERMINE

Giovanni Battista non ha l’intenzione di occupare a lungo la scena. Non oltre il necessario. Ha ricevuto un compito: preparare la strada al Messia. E lo ha onorato. Ha gridato a squarciagola, ha invitato alla conversione, alla penitenza: Ha pronunziato in pubblico anche verità scomode, attirandosi l’ira del potente di turno. Ha chiesto a tutti di cambiare vita: dai devoti ai ministri del culto, dai soldati ai pubblicani.
Ora è giunto Gesù e quindi il suo compito è terminato. Deve solo indicare il Messia a coloro che gli stanno attorno. E lo fa, con la solita schiettezza e sincerità. “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!”. Così si chiude la sua missione profetica, con un passaggio di testimone. Senza ipoteche sul futuro. Accettando di scomparire, semplicemente perché ora tocca a un altro.
Ha ricevuto un compito e lo svolge consacrandogli tutte le sue energie. Ma non vi è attaccato al punto di non saper farsi da parte. Non è stato facile per lui smuovere gli animi, ma ora non chiede nessun riconoscimento a Colui che, in fondo, ha trovato (almeno un poco) la strada spianata. Quando uno si riferisce al suo lavoro e lo definisce un “servizio” dovrebbe rifarsi a questo profeta e al suo modo di “staccare”.
Ma Giovanni è anche un modello per tutti i genitori e per tutti gli educatori, per quanti hanno il compito, delicato e difficile, di iniziare alla vita e alla fede. Anch’essi sono chiamati a scomparire, a farsi da parte, quando una persona diventa adulta, quando è in grado di prendere nelle sue mani la propria esistenza.
Benedetto Giovanni, irsuto come il vestito di peli di cammello che porti addosso, selvatico come le cose che mangi, roco a furia di gridare un annuncio scomodo per tutti quelli che preferiscono lasciare le cose come stanno, chi si aspetterebbe questa delicatezza e questa umiltà nei confronti di Gesù? Eppure proprio così accade: la “voce che grida nel deserto” si spegne, perché si possa udire un’altra voce, la stessa Parola di Dio che si è fatta carne. Gesti di penitenza non vengono più celebrati, perché non è più il tempo dell’acqua, ma dello Spirito.

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