IL PAPA E I GIOVANI
I nostri ragazzi e i nostri giovani vengono normalmente educati alla venerazione degli “dèi falsi e bugiardi” del pantheon corrente come gli idoli del possedere, del piacere, del potere. E non pochi di loro son venuti su con lo slogan fatale: “Se sei bravo, avrai successo. E se avrai successo sarai felice”. Essi non sono i responsabili primi di questo modo di pensare, ma lo sono gli adulti, i quali dovrebbero fare, per primi, una onesta autocritica per liberarsi dai non pochi preconcetti nei loro confronti. Qualche tempo fa un personaggio della politica ha definito i giovani “bamboccioni”, cioè pigri, sfaticati… Eppure sono più di un milione, in Italia, i giovani tra i 14 e i 29 anni impegnati in attività di volontariato; e il dato è in crescita.‘approccio di Papa Francesco nei confronti dei giovani è di forte spinta. Il papa non glielo manda a dire ai giovani che devono vigilare sul rischio della “divanite” e del “balconismo”. E rilancia loro l’invito puntuale a non far spegnare i bagliori della gioventù “nel buio di una stanza chiusa in cui l’unica finestra per vedere il mondo è quella di smartphone o computer”. Li incoraggia a vincere la tentazione di adeguarsi a standard irraggiungibili e artificiosi, nascondendosi dietro a false identità. Ma il primo atteggiamento del Papa è quello di una simpatia schietta e tenace verso il mondo giovanile. Come quando si fa loro compagno di cammino per rileggerne insieme sogni e paure, slanci e cadute. O quando ne apprezza le impennate più audaci e ne ascolta le diverse incertezze e fragilità. Ma Francesco rimane convinto che ogni ragazzo è chiamato a scrivere la propria storia. E la sua prima preoccupazione è quella di raggiungere ognuno nella sua irripetibile singolarità.
Il lavoro con i giovani richiede molto coraggio nel costruire ponti saldi e approdi incoraggianti. Ma prima ancora nell’abbattere i muri dei preconcetti e pregiudizi. A cominciare proprio da quelli degli adulti.