Attualità (7-10-2018)

SCOMMETTERE CONTRO L’AZZARDO

Fino a 20 anni fa, in Italia, c’erano solo quattro “case da gioco”, e, ogni tanto, da qualche amministratore veniva la proposta di aprire nel proprio territorio un “casinò”. Così Bagni di Lucca e Viareggio solo nella nostra provincia. A partire dal 2010, macchinette mangiasoldi e multinazionali delle scommesse hanno trasformato il nostro paese in un immenso casinò, con oltre mezzo milione di apparecchi tra slot machine, videopoker, per non parlare del “gratta e vinci”, del Lotto “istantaneo” e delle scommesse online che a ogni ora del giorno e della notte incollano i “giocatori” ai cellulari.
I promotori del gioco legale sostengono che l’accesso libero alle scommesse lecite avrebbe debellato il mercato clandestino. I numeri raccontano un’altra storia.
Dati del ministero dell’Interno affermano che il giro d’affari dei biscazzieri arriva a 522 milioni di euro (di cui 102 solo in Sicilia). Le varie mafie stanno cercando di egemonizzare il comparto e hanno messo a punto dei metodi per dirottare, attraverso congegni informatici, i proventi del sistema legale verso le proprie casse. Viene sottratto allo Stato quanto dovuto in tasse, in modo che le slot comunichino dati falsati all’Agenzia del Monopoli di stato. Lo Stato crede di guadagnarci, e invece ci rimette sempre di più. Nel 2012, a fronte dei 90 miliardi spesi dagli italiani in lotterie, scommesse e slot machine, lo Stato ne aveva incassati 7,9, soltanto 600mila in più rispetto al 2004, quando il giro d’affari era di 24 miliardi.
Il gioco d’azzardo costituisce oggi un’emergenza anche educativa. Smartphone e tablet sono sempre più alla portata di tutti. Il vero obiettivo è far sì che i giocatori possano farsi spennare in qualsiasi momento, ovunque si trovino, senza limitazioni di spazio e di tempo! E i telefonini sono la grande passione degli adolescenti. Se si registrano con il nome di un genitore possono aggirare i divieti. Col vantaggio che, eliminando distributori, noleggiatori, tecnici, trasportatori, manutentori, i quattrini finiscano direttamente nelle tasche dei concessionari, sempre, naturalmente, nei paradisi fiscali.
Conta già numeri rilevanti la dipendenza patologica da gioco, al punto che sta diventando una spesa considerevole per lo Stato la cura e la riabilitazione di quanti ne sono diventati vittime.
In un modo o nell’altro, si sa, il banco vince sempre. Ma raccontare l’azzardo non è solo raccontare l’Italia, che si perde nelle scommesse, ma svelare la perversione dell’indicibile coalizione economico-politico-criminale che ha costruito un sistema che permette di frugare nelle tasche degli italiani, specialmente quelli più fragili e vulnerabili, e di spartire il bottino che, ad oggi, supera i 90 milioni l’anno.

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