Vangelo della domenica (10-11-2013)

XXXII DOM. DEL TEMPO ORDINARIO
“CREDO LA RESURREZIONE DEI MORTI”

XXXII dom to anno cChe cosa sarà l’uomo dopo la morte? E’ il problema fondamentale dell’esistenza. Se la vita presente è tutto, se non c’è speranza oltre la morte, tutto è perso definitivamente. Il progresso sembra avere uno smacco fatale e definitivo, se si conclude nel nulla della morte. L’impegno, il lavoro, la gioia hanno un valore se con essi avviene una nostra realizzazione. Ma se con la morte tutto finisce e noi non possiamo goderne, non possiamo sederci alla mensa per cui ci siamo sacrificati tutta la vita, tutto sembra avere una inconsistenza radicale. Se il dialogo d’amore con le persone finisce per sempre, l’amore non è più il fulcro della vita dell’uomo, ma semplicemente una cosa tra le tante. Il problema posto dai sadducei (vangelo) non era un interrogativo marginale. Essi hanno chiesto a Gesù il senso di ciò che è per l’uomo essere al mondo.
La risposta è categorica: ogni soluzione sarebbe precaria e sarebbe continuamente smentita se Dio non amasse davvero il mondo. Il suo amore sarebbe per noi una illusione se ci venisse a mancare nel momento della nostra salvezza. Non potrebbe chiamarsi Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e dei tanti che ci hanno preceduto se questi fossero soltanto un nome vano. Se Abramo fosse morto definitivamente mentre Dio si proclama suo salvatore, questa salvezza sarebbe una delusione. Dio è un Dio vivo per uomini vivi. E’ la sicurezza della nostra vita oggi. Da questa certezza nasce la gioia e la pace. La vita non fallisce, perché è salva dalla morte. Oggi molti faticano a credere nell’aldilà. Ciò è dovuto da una parte alla critica marxista che vede nell’attesa della vita eterna una evasione dalla responsabilità di trasformare questo mondo, e dall’altra alla civiltà del benessere tutta tesa a proporre una edonistica felicità in questo mondo. Noi cristiani siamo testimoni della risurrezione. Dicendo che il nostro Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, noi facciamo un’affermazione che non riguarda solo l’aldilà, ma anche il presente.
Dio dei vivi, di chi già oggi è veramente vivente, impegnato fino in fondo nella vita per migliorare la situazione dell’umanità. Vita che non può finire perché è la vita stessa di Dio, vita che quindi  continua al di là della morte fisica.

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