Vangelo della domenica (13-10-2013)

XXVIII DOM. TEMPO ORDINARIO:
                                          LA FEDE SI FA AZIONE DI GRAZIE

1006Il messaggio delle letture di questa domenica non è un semplice insegnamento sul dovere morale della riconoscenza umana. Naaman Siro passa dalla guarigione alla fede: egli non riconosce più altro Dio se non il Dio di Israele (1a lettura).
Il lebbroso del vangelo torna indietro “lodando Dio a gran voce”. Il miracolo gli ha aperto gli occhi sul significato della missione e della persona di Gesù. Egli rende grazie a Dio non tanto perché il suo desiderio di guarire è stato soddisfatto, ma perché capisce che Dio è presente e attivo in Gesù. Egli riconosce che Cristo è il Salvatore, in cui Dio è presente e opera non solo la salute del corpo, ma la salvezza totale dell’uomo.. E questa è fede. Egli vede manifestarsi in Gesù la gloria di Dio.
Perciò Luca conclude il racconto con la parola di Gesù: “Alzati e va; la tua fede ti ha salvato”.
Salvato non già dalla lebbra, ma salvato nel senso cristiano del termine. La salvezza dalla lebbra è solo il segno di un’altra salvezza.
Il ringraziamento del lebbroso guarito nasce prima di tutto dalla e non dall’utilità: è contemplazione gioiosa e gratuita dell’amore di Dio che salva, prima che contentezza per la salute riacquistata.
Solo in un secondo tempo include la riconoscenza, ma non il semplice cortese ringraziamento per un beneficio ricevuto.
Il vangelo non vuole darci una lezione di buona educazione, ma vuole dirci che l’azione di grazie è l’atteggiamento fondamentale dell’uomo che nella fede ha scoperto che la sua salvezza proviene solo dall’azione di Dio in Cristo.
Gratitudine umana e azione di grazie non sono la stessa cosa, ma fra loro c’è continuità.
Quando i rapporti tra le persone sono tutti basati sull’utile e sul piacere è ben difficile aprirsi alla contemplazione dell’amore gratuito di Dio. Anzi la mentalità utilitaristica ed egocentrica snatura gli atti religiosi. Se abbiamo perso il senso del gratuito, se le azioni che compiamo hanno il movente nella speranza o nel diritto alla ricompensa, molto probabilmente non possiamo avere l’esperienza dell’Eucarestia.
L’uomo di oggi deve scoprire il senso del “ricevuto” per aprirsi al ringraziamento.
L’Eucarestia non è tanto una legge da osservare per avere la coscienza a posto, e neppure soltanto il nutrimento della comunione fraterna. Ma è, come dice il termine, azione di grazie senza altra utilità, senza altro scopo che se stessa: è la gioia che fiorisce dalla contemplazione del Dio grande nell’amore, che nasce dalla scoperta di essere salvati gratuitamente.

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