XXVIII domenica del t.o. anno a – SERVIRE DIO O IL DENARO?
La metafora del “servire a due padroni”, che per il vangelo di oggi è presentato come qualcosa di impossibile, rappresenta un invito a riflettere su chi o su che cosa noi poniamo la nostra fiducia.
Il termine aramaico “mammona” deriva dalla stessa radice della parola “amen”, con la quale ancora oggi esprimiamo, nella preghiera, la nostra adesione e fiducia in Dio.
Dunque di chi ci fidiamo? A chi ci affidiamo? E’ qui in gioco la nostra libertà interiore. Per un discepolo di Cristo il primato di Dio nella vita è l’essenza della fede, esprime la scelta di riconoscere la sua signoria e crea le condizioni per un agire capace di trasformare se stessi e la società nella direzione indicata da Gesù.
Il vangelo presenta l’immagine di Dio come Padre provvidente: egli si prende cura di noi, ci segue amorevolmente, ci rende liberi da ansie e preoccupazioni angoscianti. Così, l’affidarsi a lui è la stessa strada per non sentirsi come orfani abbandonati a noi stessi, bensì come figli amati e protetti.
La prima lettura prepara l’annuncio del vangelo: essa ci fa ascoltare il lamento di Sion, che teme di essere dimenticata dal Signore, ma al tempo stesso la dichiarazione rassicurante di Dio alla città amata. L’idea centrale è questa: la fedeltà di Dio è il cardine della storia di salvezza di Dio con l’umanità.
Nella seconda lettura Paolo richiama i cristiani alla fedeltà a Cristo, come base per una corretta comprensione dell’evangelizzazione e del ministero all’interno della comunità. Le indicazioni dell’apostolo possono essere un valido aiuto anche per l’esperienza ecclesiale d’oggi.
Commenti recenti