Vangelo della domenica (29-11-2015)

LA REDENZIONE E’ VICINA
AVVENTO E GIUBILEO  DELLA MISERICORDIA

Nessun avvento assomiglia all’altro, perché ogni volta questo tempo liturgico assume un volto e un sapore particolare sia per i singoli cristiani che per le comunità.
Ma questo Avvento reca con sé qualcosa di eccezionale. L’8 dicembre si aprirà il Giubileo della Misericordia, “come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti” (Bolla di indizione). Papa Francesco lo afferma con chiarezza: ”abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia”; che è “fonte di gioia, di serenità e di pace”, “condizione della nostra salvezza” (Bolla). In questo nuovo anno liturgico, i cattolici verranno invitati in modo particolare a tenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “volto della misericordia del Padre”, per diventare essi stessi “segni efficaci della misericordia del Padre”.


A 50 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II° appaiono quanto mai attuali le parole di Giovanni XXIII, che indicavano il sentiero da seguire: “Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore, …vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati”. E Paolo VI gli faceva eco affermando: “Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità… L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio”.
La misericordia, ricorda ancora papa Francesco, nella Scrittura “è la parola chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi, ma è anche l’architrave che sorregge la vita della Chiesa, “Tutto della sua azione Pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti”.
L’Avvento è il tempo dell’attesa di Dio che viene nel nostro mondo, nella nostra vita. E’ proprio dell’essere umano attendere: si attende che qualcosa accada, ma soprattutto si attende qualcuno. E questa attesa non è semplice orientamento ad un futuro qualsiasi, ma è speranza che qualcuno venga a noi, presti attenzione alle nostre condizioni, si prenda cura di noi e di tutta l’umanità. L’atteggiamento di fede è dunque quello della fiducia in Dio: qui “avvento” significa attesa che Dio entri nella nostra storia e disponibilità, da parte nostra, a collaborare al suo progetto. Da qui scaturisce anche l’esortazione a vegliare, per riconoscere la sua continua venuta nella nostra vita. Il vangelo di oggi ci guida a leggere i segni di Dio nella nostra storia: ci parla di promessa e di restare vigili. Il linguaggio di Gesù è apocalittico, ci orienta alla venuta del figlio dell’uomo, evidenzia l’urgenza della conversione. In modo analogo nella prima lettura ascoltiamo l’annuncio di un progetto di rinascita di un popolo afflitto, e non solo dalle rovine materiali, ma soprattutto dalle rovine spirituali. Il motivo che spinge alla speranza è fedeltà di Dio e la forza della sua promessa di salvezza. Sull’onda di questa apertura e dell’attesa che essa genera accogliamo allora, nella seconda lettura, il messaggio che Paolo rivolge alla comunità cristiana, in particolare il suo invito all’amore fraterno quale centro e stile concreto della vita cristiana, soprattutto in giorni, come i nostri, in cui la fraternità è duramente messa alla prova.

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