Vangelo della domenica (30-11-2014)

I DOMENICA DI AVVENTO  VEGLIATE, VEGLIATE!

Si cerca Dio, molto spesso, quando le cose vanno male o ci troviamo in una situazione difficile. Ma è giusto chiedere a Dio di risolvere i nostri guai? Non è più dignitoso per l’uomo accettare la propria sconfitta e sfidare un destino avverso con le proprie forze?
E’ proprio necessario purificare l’immagine che abbiamo di Dio. Egli è un “Dio degli uomini”, non un dio lontano, nei cieli, disinteressato alle vicende terrene. Egli ha posto nell’uomo la sua immagine, e perciò la nostra identità non può prescindere dalla sua fisionomia; egli che ci ha dato la vita, fa parte della nostra storia, e perciò il nostro avvenire non si compie che attuando i suoi progetti; egli ci ha creati liberi, e perciò non forza le nostre decisioni, ma interviene con dolcezza e aspetta con pazienza che accettiamo di dialogare con lui come persone.
Se Dio è “padre” e “redentore” (1a lettura), perché permette circostanze così dolorose e tollera figli così disubbidienti?. E’ l’eterna domanda della libertà umana sull’origine del male, che il profeta non risolve: egli annuncia l’intervento di un Dio che squarcerà i cieli e compirà sulla terra prodigi e meraviglie che rimetteranno ogni cosa al suo posto castigando i nemici. Bisogna dunque affidarsi a Dio per uscire dalla sventura.
Troppe volte la nostra crescita si compie senza un riferimento esplicito a Lui, la cui presenza discreta e piena d’amore, ci avvolge completamente; è sintomatico che siano soprattutto le situazioni di fallimento, di angoscia e di rimorso a condurci a lui.
Nella persona di Cristo, Dio si è manifestato a noi (2a lettura) come colui che ha tanto a cuore gli uomini da partecipare al nostro destino dall’interno, e così diventare il Dio vicino e familiare (col rischio di non essere riconosciuto dai suoi), per rivelarci la nostra dignità.
Che bisogno c’è, oggi, di un Redentore? Da che cosa dobbiamo essere redenti? Pensare così è il risultato di un ingenuo ottimismo: ogni giorno l’uomo si accorge di rinnovare la costruzione della torre di Babele: un frenetico edificare sulle sabbie mobili delle divisioni, del peccato, della morte.
Il cristiano riconosce Dio come Padre e Redentore, afferma che la liberazione dal peccato e dal male non è possibile senza l’intervento di Dio. Ma da quando il padre ha mandato suo Figlio fra gli uomini, il cristiano non aspetta più i prodigi di un Dio che ristabilisca l’ordine dal di fuori. Egli sa che Dio agisce attraverso il Figlio. Sa che il “Redentore” collabora con l’uomo a dà al suo inserimento nel mondo un significato di salvezza. Perché, come afferma Paolo (2a lettura) “in lui (Gesù) siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza”.

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