Attualità (16-02-2014)

POLITICA E VALORI

L’impegno dei credenti in politica, dopo la scioglimento della Democrazia cristiana, si è caratterizzato per il silenzio dei laici e delle comunità a fronte di un notevole protagonismo della gerarchia.
Dopo la 2a guerra mondiale, pur tra i molti limiti, il partito dei cattolici era riuscito a mantenere una sua autonomia, rispetto ai vertici della chiesa, nella convinzione, poi confermata anche dal Concilio, che l’impegno nel sociale e nel politico è una prerogativa autonoma dei laici. Questa autonomia arrivò al dialogo e alla collaborazione con gli altri partiti per la stesura della Costituzione repubblicana e perfino alla formazione di un governo nazionale in alleanza col partito Comunista, nonostante che le gerarchie non fossero d’accordo.
La fine della Democrazia Cristiana e della cosiddetta “prima repubblica” ha segnato anche l’eclisse dei laici cattolici e la conseguente supplenza esercitata dai vescovi.
La caduta delle ideologie ha coinvolto anche il ricco patrimonio ideale del cattolicesimo, lasciando via libera al liberismo, scelto, sia pure in maniera diversa, dalla destra e dalla sinistra. Il dibattito politico in ambito cattolico si è polarizzato su alcuni temi di carattere etico a cui la gerarchia ecclesiastica era maggiormente interessata e sui quali è indiscutibilmente competente. I cosiddetti “valori non negoziabili” hanno preso il sopravvento rispetto all’obiettivo più generale della politica che è il bene comune.
I valori non sono mai negoziabili, ma se questa caratteristica è affermata solo a riguardo di alcuni di essi, si avalla l’idea che gli altri non lo siano. E’ quanto è successo in questi ultimi anni. L’impegno dei vescovi si è concentrato sulla tutela della vita biologica, della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, sulla libertà di educazione e si è perso il grande orizzonte del bene comune. La verità, la giustizia, la pace, la solidarietà, l’accoglienza… non sono anch’essi valori non negoziabili?
In politica i valori sono fondamentali, ma vanno tradotti in norme e scelte che, in un sistema democratico, devono sempre fare i conti con chi la pensa diversamente e si ispira, a sua volta, a valori che anch’egli ritiene “non negoziabili”. La mediazione è il compito della politica (almeno quella democratica, diversa da quella talebana). Se si dimentica questo principio, i vescovi, competenti dell’etica, diventano anche competenti della politica, che, invece, è compito dei laici. La presenza politica dei cattolici in Italia non può limitarsi alla difesa di tre valori fondamentali, ma deve riscoprire la dimensione etica fondamentale che dà senso alla convivenza civile e si esprime nel concetto di “bene comune”. E questo non si può fare attraverso pressioni di lobbies e alleanze temporanee con questa o quella maggioranza, ma con un vasto impegno culturale ed etico che mette al centro il bene comune, all’interno del quale vanno inseriti anche i cosiddetti “valori non negoziabili” che, altrimenti, rischiano di diventare dogmi isolati, difficilmente difendibili alla distanza.
Tutto questo richiede un grande sforzo educativo. Le nostre parrocchie si limitano quasi esclusivamente alla celebrazione dei riti. La formazione è diretta solo ai bambini, ed è incapace di raggiungere i giovani, gli adulti e le famiglie. Si crea una netta separazione tra ciò che accade all’interno del tempio e ciò che è al di fuori. Tra il ritualismo disincantato che lascia intatte le categorie laiciste diffuse dai mezzi di comunicazione sociale e la semplice mobilitazione in base alle direttive della gerarchia, è da scegliere la formazione di un laicato maturo, anche politicamente, che “sotto la propria responsabilità” faccia scelte coerenti con la visione cristiana della vita. E’ un lavoro difficile e lungo, ma capace di produrre frutti che porteranno la nostra società a conoscere una vera e propria rivoluzione nonviolenta, capace di sovvertire le logiche disumane del profitto e dei consumi.

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