QUALE DIO ADORIAMO?
Quale Dio adoriamo? A servizio di chi e di che cosa vogliamo vivere? Non si può pensare di conoscere il vero Dio senza rispettare il povero. Il culto del Dio vero, se è culto in spirito e verità, ci chiede anche l’impegno per la giustizia.
Ogni giorno chiediamo: “Venga il tuo regno” e lo chiediamo in un mondo nel quale troppo spesso regnano il denaro, il disprezzo del debole, dello straniero e del diverso, la paura del futuro. E crediamo che la logica di Dio sia molto più forte!
La buona notizia del cristiano è sempre quella del Regno, cioè che ogni tempo è sempre il tempo in cui Dio agisce. Noi, come gli apostoli, non possiamo perdere tempo, come non poteva perdere tempo l’amministratore disonesto per garantirsi il futuro. Quell’amministratore, che pure viene definito “disonesto”, viene elogiato per l’avvedutezza con la quale ha saputo uscire da una situazione per lui scabrosa: ha saputo discernere il vero bene e scegliere i mezzi adeguati per attuarlo. Viene elogiata la sua sapienza, cioè la capacità di vedere ogni cosa alla luce di Dio, facendosi istruire da lui circa le decisioni da prendere. Il discepolo di Gesù non è un indeciso, un cauto, titubante, ma è uno che sa decidere con sano realismo, che non si fa trascinare da facili entusiasmi, non tentenna e non ha paura di osare e di andare contro una cultura lontana dalla legge di Dio e dal vangelo.
Scaltrezza e furbizia non sono doti solo dei disonesti. Se mettessimo la stessa determinazione nella sequela di Gesù e nello stare dalla parte di Dio e dei poveri come la mettiamo a curare il conto in banca, saremmo non solo discepoli più veri, ma anche uomini scaltri, che investono la loro vita su quanto darà vero futuro all’esistenza e si appoggiano su ciò che sazia davvero: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangiate cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete” (Is 55,2-3).