Attualità (19-08-2018)

LA FINE DEL CRISTIANESIMO

E’ questo il titolo di un articolo apparso qualche giorno fa su un quotidiano a firma del teologo e scrittore napoletano don Gennaro Matino. Lo riproponiamo perché ci sembra un valido spunto di verifica e di riflessione.
Li abbiamo persi semmai siano mai stati nostri. E’ inutile girarci intorno: gli italiani non sono più cristiani, tantomeno cattolici. Se qualche volta ricordi loro il Vangelo e che non c’è, non ci dovrebbe essere differenza tra fede professata e vita vissuta, ti tacciano per uno del Pd, per uno squadrista comunista.
Inutile ribadire che destra e sinistra per chi ha scelto il Maestro di Galilea, sono luoghi geografici. Il centro, l’unico centro irrinunciabile di interesse del credente è Dio, è l’uomo a sua immagine, tutto l’uomo, tutti gli uomini, nessuno escluso, ognuno di loro, dovunque vivano, da qualsiasi parte provengano, senza distinzione di razza, di sesso, religione, censo, cultura, tutti fratelli d’amare.
E’ colpa nostra, della chiesa, di noi preti se li abbiamo persi, illusi che con qualche processione o litania avremmo potuto tenerli buoni, ammansirli con le paure dell’inferno, con la promessa di qualche miracolo.
Abbiamo dimenticato di ricordare a chi chiedeva i sacramenti che è il Vangelo che salva, la sua verità che cambia la comprensione della vita, che dona senso all’esistenza. Ci siamo accontentati di riempire chiese di bambini da prima comunione e di vecchi da funerali lasciando fuori le porte del tempio il mondo adulto delle responsabilità, delle decisioni importanti, della quotidiana lotta per rendere più abitabile l’universo, più umano l’uomo, migliore il mondo.
Abbiamo scientificamente polverizzato la sua ricerca, quella che non sembrava si accordasse con il nostro vocabolario, quella carica di attesa di futuro con le sue domande e le sue inquietudini. Chiese e templi quanti, in ogni angolo sparse per tutto il territorio d’Italia, congreghe, confraternite. Conventi, monasteri e abbazie. Santuari da per tutto, veggenti all’occasione, visioni celesti e diavoli ululanti. Scuole cattoliche, università, istituti e movimenti, giornali, radio e televisioni da non contare, ma di cristiani manco a parlarne, anemia di gente che sappia cosa significhi: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”.
Resta solo una minoranza di uomini e donne che ancora sanno distinguere tra Dio e mammona e da che parte dirigere il proprio sguardo. Una minoranza coraggiosa sparsa tra le rovine di una modernità senza valori che ancora crede che il Vangelo sia la forza per rendere migliore il mondo, la parola di novità che possa contrastare lo squallido esercito dei volgari cultori della nuova razza che a forza di ripetere a loro stessi che la colpa della loro rabbia è di chi li ha portati al disastro, di scaricare sulle spalle del passato la responsabilità di un presente a rischio di umanità dimentica che ognuno dovrebbe essere sempre dalla parte della giustizia, sempre, comunque, in ogni caso senza appelli, né scuse, né alibi.
Non interessa all’urlatore senza ascolto la storia personale di chi vuole semplicemente esprimere il suo pensiero, non interessa sapere da dove venga, quale sia il suo patrimonio di vita, di esperienza, semmai ne abbia uno, di parola da condividere. Va abbattuto perché è diverso, perché fuori dal coro, se non la pensa come la massa felice di chi finalmente ha trovato la luce, la verità, la risposta definitiva.
E’ inutile farsi illusioni, neppure Papa Francesco riuscirà a fare da argine al nuovo che avanza, anzi lui stesso è ritenuto il più pericoloso collaborazionista dell’Ancien règime. Inutile farsi illusioni che presto il vento cambierà, perché anche se cambiasse politicamente, una cosa è certa e resterà comunque: il cristianesimo non è di casa in Italia e quello che c’è di sicuro non rassomiglia a quello che aveva pensato dovesse essere il Maestro.
Se la Chiesa che resta non illusa di potere, se quei pochi preti ancora pensanti e il residuo di laici impegnati ancora forti di speranza, ne prendessero davvero coscienza sarebbe già un’ottima cosa. Se fossimo pronti a ripartire dal primo annuncio, dalla scommessa di ricominciare da quel Concilio Vaticano II che profeticamente aveva capito che senza un rinnovamento vero non ci sarebbe stato un futuro per il cristianesimo in occidente e non per colpa dell’Islam, allora sapremmo davvero essere quel “lievito del mondo” quel “sale della terra”.

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