Attualità (19-10-2014)

L’OTTAVO COMANDAMENTO

“Non dire falsa testimonianza”. La lettura cristiana di questo comandamento condanna tutte le offese alla verità, tra cui il rispetto della reputazione altrui, la maldicenza, la calunnia e la menzogna.
In gioco c’è il prossimo, l’altro, il rispetto dell’altro.
Troppo spesso si guardano con sufficienza gli altri; si avanzano giudizi poco circostanziati e frutti di preconcetti, anche nella chiesa. La sufficienza e la supponenza con cui si guardano gli altri rende ostili, indifferenti, sordi, incapaci di cogliere il dono nascosto che, invece, dovremmo far emergere e riconoscere nell’altro.
Questo dell’improvvisare giudizi, del parlare troppo e a vanvera è una sorta di peste che inficia la nostra e l’altrui vita. Creare un pregiudizio e un’aspettativa negativa, mettere in evidenza i difetti, anche veri, più spesso presunti, rende gli altri allarmati e perplessi, poco inclini all’ascolto, all’accoglienza, al rispetto, alla partecipazione e collaborazione. Se poi tutto questo viene fatto per averne un vantaggio, per affermare se stessi, per favorire il proprio prestigio e la propria carriera, allora ci si macchia di una colpa veramente grave.
Molte persone che hanno abbandonato la partecipazione alla vita della chiesa e della comunità cristiana adducono, come motivo, proprio la frequente pratica della maldicenza e della calunnia da parte di alcuni “fedelissimi”. E’ un vero e proprio motivo di scandalo.
Purtroppo lo si fa quasi senza accorgersene. La maldicenza e la calunnia sono sport di larghissima popolarità, un divertimento ritenuto “innocente”, tanto che molti che lo praticano lo giustificano con la libertà di pensiero e di parola, in un contesto di democrazia, e non si sentono in contraddizione ad accostarsi ai sacramenti e a partecipare a consessi e confraternite di testimonianza cristiana.
Il venticello della calunnia diventa presto un devastante tornado e la vittima si trova a sua insaputa fuori del cerchio della benevolenza, senza saperne il perché e il come.
Papa Francesco ha più volte biasimato il fenomeno, che, ha detto, “ferisce profondamente la chiesa”.
E’ un male la cui soluzione, specialmente in ambito ecclesiale, non può esser lasciata alle persone interessate, chiacchieroni e chiacchierati, ma l’intera comunità dei credenti deve affrontare, per difendere l’incolumità e promuovere l’unità nella verità e nell’amore della comunità.

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