Attualità (23-10-2016)

QUAND’E’ CHE  LA PREGHIERA E’ AUTENTICA ?

Parlare della preghiera è entrare nel mistero della relazione tra una persona e Dio. Allora come possiamo definire quando sia o non sia autentica una preghiera? Memori di calpestare una terra sacra, in punta di piedi, ci incamminiamo su questo sentire perché poi ciascuno riveda il proprio passo e accresca la corsa verso la meta.
La preghiera cristiana prima di essere dialogo è ascolto della Presenza che trasforma il cuore, come dice Ignazio di Antiochia: “Un’acqua viva mormora in me. Vieni al Padre!”. Questo invito tenace e umile, è come un gemito che si fa incontro alla nostra esistenza per stringere un’alleanza. La base esperienziale della preghiera è un vissuto di fede, di ascolto e di accoglienza dell’Altro che io non conosco, pur essendo in tutte le mie fibre fatto per lui. Ascolto del Dio che si rivela. Ascolto del gemito di Dio corrisponde alla “carne” di Cristo; in lui abbiamo conosciuto Dio come colui che si curva, che esce da sé, che emette il suo respiro, relazione sostanziale con l’altro.
La coscienza cristiana è apertura alla preghiera poiché ci è stato dato lo Spirito che ci rende figli adottivi per mezzo del quale possiamo gridare “Abbà! Padre!”. Ogni persona può nella fede riconoscersi abitata da questa presenza con la quale entrare in dialogo.
La preghiera ci introduce in un cammino di interiorità, una vita che va alimentata, fatta crescere e custodita giorno dopo giorno. La vita interiore ci permette di riflettere sulla vita integrando relazioni esterne stabilendo un sistema di valori in base al quale dare un senso alla vita; essa è necessaria per maturare come persone e assumere in verità e responsabilità la propria vocazione e missione. Ritrovare il cammino verso il proprio cuore è il compito più importante che abbiamo.
La preghiera, quando è autentica, ci chiede di riprendere in mano la nostra vita, di affrontare questo nuovo itinerario, il viaggio del cuore, sapendo che è necessario portare con noi l’umiltà del cercatore, la sete del viandante, la perseveranza del pellegrino.
La vita interiore esige il coraggio e l’audacia: non sappiamo dove ci porterà questo viaggio interiore e quali scoperte ci dischiuderà. E’ il coraggio di non conformarsi alle mode e alle consuetudini, di tirarsi fuori dal gregge rischiando la solitudine, l’impopolarità e perfino la crisi.
Noi temiamo il silenzio e la solitudine, ma sono queste a ridarci limpidezza, a restituirci a noi stessi. Il silenzio è il custode dell’interiorità che ci aiuta a ritrovare il nostro centro da cui sempre siamo tentati di allontanarci.

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