Attualità (29-07-2018)

I GIOVANI E LA RELIGIONE

Dal 3 all’ 8 ottobre di quest’anno si terrà a Roma il Sinodo dei vescovi sui giovani. In previsione di questo importante evento, vari istituti di ricerca hanno svolto sia a livello nazionale, che europeo e mondiale diversi studi sui giovani e la fede, la religione, la Chiesa.
“E’ possibile avere un rapporto con Dio a prescindere dalla Chiesa… per cui non credo sia necessario dover andare in Chiesa per forza ogni domenica… oppure avere un dialogo con un parroco o confessarsi perché… se Dio esiste lui conosce i miei peccati e posso essere io stessa a pentirmene e a farmi perdonare da lui… senza il bisogno di un intermediario”. Nelle parole di questa giovane di 26 anni di una delle nostre parrocchie si può sintetizzare il pensiero comune dei centinaia di coetanei a cui è stato recentemente chiesto di esprimersi sulla propria fede, sul posto che ha la religione nella propria vita e sulla loro fiducia (o, meglio, sfiducia) verso la Chiesa.
Dalle ricerche risulta che i giovani in realtà non hanno escluso Dio dalla loro vita, ma tendono a vivere una religione con forti tratti soggettivi; la loro pratica religiosa è poco più che occasionale; hanno un legame debole con la comunità, di cui frequentano poco le attività e la preghiera, anche perché pensano che i suoi linguaggi siano superati e i valori che propone siano vecchi. Questo distacco dalla pratica non è sinonimo di totale disinteresse all’esperienza religiosa che anzi considerano significativa, che permette di non sentirsi mai soli. Una ricerca svolta in America sulle dinamiche di disaffezione nei giovani cattolici americani a cui sono state chieste le motivazioni del loro distacco dalla Chiesa, ha rilevato che: ci sono “feriti” ( che hanno avuto esperienze familiari o ecclesiali negative), i “vagabondi” (chi ha una fede incerta e senza una comunità di riferimento), chi è in dissenso con la comunità o l’autorità ecclesiale. Per alcuni “la disaffezione ha portato un senso di felicità, sollievo o libertà”.
In Italia, tra i giovani intervistati, l’11,7% dichiara di frequentare la Chiesa una volta a settimana, mentre il 53,8% è un frequentatore occasionale (il 20,2% partecipa a una funzione religiosa qualche volta l’anno oppure in particolari circostanze) e il 25,1% non partecipa mai.
Alla richiesta di esprimere un giudizio sull’importanza della dimensione religiosa nella propria vita, i giovani si decidono così: il 26,6% dichiara che non è per nulla importante e il 32,8% poco importante (quindi quasi il 60% degli intervistati potrebbe vivere senza alcun riferimento religioso); per il 31,3% è abbastanza importante, per il 9,3% è molto importante.
L’impressione è che i giovani, più che rifiutare la religione, respingono il modo con cui questa dimensione viene vissuta ed è stata proposta loro: respingono una religione che sia una dottrina, una somma di nozioni astratte ed estranee alla vita; rifiutano riti di cui non comprendono i significati; si sentono estranei a una proposta che non sollecita loro responsabilità, ma solo il loro impegno morale; che non li coinvolge, che non diventa esperienza.
I giovani criticano pesantemente le comunità cristiane con cui sono stati a contatto e le definiscono “comunità anonime, fredde, senza relazioni, dove raramente hanno incontrato persone significative”.

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