attualità (31-12-2017)

PREGARE E ASCOLTARE PER TESTIMONIARE ED AGIRE

La Bibbia dice che, nella preghiera, la cosa più importante è ascoltare. Non siamo noi i protagonisti della preghiera, ma Dio, che è Parola rivolta a noi, che manifesta il suo amore per noi: Dio è Parola. L’essere umano è ascolto. Ecco perché il grande comandamento di Dio ai credenti è “ascolta, Israele!” (Deut 6,4). E il credente è colui che ha ascoltato: “la fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17).
La preghiera ci porta a scoprire la nostra verità più profonda: Dio è in noi, non come frutto della nostra ricerca o risultato del nostro desiderio, ma come dono che Egli fa di sè attraverso la sua Parola.
Anche nel silenzio Dio si mostra Padre per chi sa di essere figlio: il silenzio di Dio non è mai indifferenza, ma segno della sua gratuità e della sua libertà, perché egli non si lascia esaurire dalle nostre immagini. Dall’ascolto, nella preghiera, ci apriamo al dialogo, alla comunione con il Signore. La prima cosa necessaria è ammettere la nostra debolezza, come il pubblicano della parabola, che prega così come egli è in verità. Soltanto chi è capace di semplicità e umiltà può stare davanti a Dio accettando di essere conosciuto da Lui per quello che è veramente.
Non si tratta di negare il peso del nostro peccato, ma di superare la conoscenza che abbiamo di noi stessi, a favore di quella che Dio ha di noi: “Signore, tu mi scruti e mi conosci…”, prega l salmo. Chi prega in questo modo riconosce di essere amato da Dio; conosce l’amore di chi per primo lo ha amato, di chi lo ha perdonato mentre era ancora peccatore, di chi gli offre costantemente l’amore. E questo stesso amore Dio lo dona a tutti i fratelli, senza privilegi ed esclusioni. Accogliere l’amore di Dio, pertanto, comporta anche amare tutti gli altri amati da lui come fratelli e sorelle. E’ proprio nell’accoglienza dell’ amore di Dio che la preghiera trova il suo scopo: l’amore per Dio diventa in noi amore per tutti gli esseri umani, senza distinzione di razza, di appartenenza e di cultura, fino all’amore per i nemici. Così l’amore verso i nemici, i lontani, i diversi, i rifiutati, che Gesù ci chiede, è partecipazione all’amore stesso di Dio che ama tutti senza esclusione.
E’ evidenziare quell’”immagine e somiglianza” che il Creatore ha posto nell’essere umano già al momento della creazione.
L’unico fine della preghiera, come di tutta la vita cristiana è l’amore. E’ qui che avviene la contemplazione, ossia il vedere tutto e tutti con lo sguardo di Dio. Allora “abbiamo in noi lo stesso sentire che fu in Cristo Gesù” (Fil 2,5). Questo è annuncio e testimonianza del Vangelo. Quel Vangelo di Gesù di cui la Chiesa, si voglia o no, è portatrice. Il fondamento dell’amore verso tutti, per i cristiani, non è un’ideologia politica, ma la logica conseguenza dell’ascolto della Parola di Dio e della preghiera. Questo la Chiesa insegna ai suoi fedeli, ai grandi e ai piccoli. Chi non condivide questo messaggio è liberissimo di farlo e di insegnarlo, senza però pretendere che la Chiesa modifichi l’insegnamento che ha ricevuto dal suo Signore in cui crede.
Talvolta si accusa la Chiesa di fare politica, quando insegna a vivere la carità secondo il Vangelo. La si vorrebbe relegare nell’inutile devozionalismo individuale, negandole la possibilità di offrire valori etici e culturali che le sono propri. Nella prima metà del secolo scorso c’è già stato qualcuno che ha tentato di chiudere la bocca alla Chiesa, proprio sui temi legati alla cultura, all’etica, e alla formazione. C’è il pericolo che certi tempi si riaffaccino alla storia. Proprio a questo si riferiva l’articoletto del foglio di domenica scorsa.

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