Attualità (6-04-2014)

IL BENE COMUNE

Avvicinandosi l’appuntamento con le elezioni amministrative ed europee, proponiamo delle riflessioni, tratte dalla dottrina sociale della chiesa che, su questi temi è riferimento fondamentale per i credenti.
Uno dei temi maggiormente ricorrenti nell’insegnamento del Magistero è quello sul “Bene comune”. Esso costituisce un architrave dell’identità cattolica, ossia del modo di stare nel mondo da parte dei singoli credenti e delle comunità cristiane.
Bisogna riconoscere che è frequente il ricorso a questo termine, ma non sempre se ne conosce il profondo significato. Parlare di bene comune oggi, significa fare i conti con alcune oggettive difficoltà dovute all’evoluzione di alcune idee e atteggiamenti diffusi, da cui anche i credenti non sono del tutto estranei.
Il primo tra questi è l’individualismo. L’individuo isolato e autosufficiente è un fatto che ha scalzato la natura sociale dell’uomo. Ci pensiamo sempre di più come individui, e sempre meno come popolo e come comunità (anche da credenti). Definiamo con questo criterio le nostre scelte e le nostre relazioni.
Il secondo è la percezione di avere, già prima di nascere, dei diritti nei confronti della società. E spesso avvertiamo quest’ultima come una minaccia continua che mette in pericolo questi diritti. E allora, soprattutto per i cattolici, si pone una questione: come comporre coesione sociale e solidarietà da una parte, e riconoscimento di differenti aspirazioni individuali dall’altra?
In terzo luogo, le nostre società sono diventate laboratori di pluralismo morale. E questo è un fatto positivo. Ma bisogna anche riconoscere che porta sempre di più a rendere fragile il legame sociale piuttosto che accompagnare verso un orizzonte di bene comune. I cattolici su questi punti risultano spesso impreparati e finiscono per accettare, anche inconsapevolmente, tali impostazioni.
Nell’immediato dopo guerra, i cattolici avevano assunto l’orizzonte del bene comune tanto come tensione morale e ideale storico concreto per ricostruire il paese, quanto come principio architettonico della nuova Costituzione repubblicana.
La crisi che stiamo vivendo, prima ancora che economica e finanziaria, è etica, riguarda, cioè, i valori e gli obiettivi che ci proponiamo per la nostra vita. Proprio per questo la fede non è estranea a questi temi. La crisi è un’opportunità per avviare una critica costruttiva all’individualismo. Il Concilio già proponeva un’ idea profetica: “L’uomo non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (GS n24). La vita sociale non è qualcosa di esterno all’uomo, ma il suo perfezionamento. Il credente si impegna per il bene comune per amore e solo per amore: “Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri”.
La crisi in atto è anche una crisi di fiducia: nessuno si fida più di nessuno.. Bisogna riscoprire la natura comunicativa del bene comune, cioè la sua capacità di generare fiducia e coesione sociale.. Il credente è oggi chiamato ad attrezzarsi per essere in grado di comunicare e di argomentare, di dialogare e di persuadere in vista del bene comune.
Tutto questo dà alla comunità cristiana, e soprattutto ai laici, una dignità ed una missione propria. E’ quell’”uscire fuori” che Papa Francesco ha proposto diverse volte, verso le periferie esistenziali e spirituali dell’umanità.

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