Attualità (8-12-2013)

LOTTARE PER IL LAVORO

“Signore, insegnaci a lottare per il lavoro”. Il lavoro, inteso come segno di pienezza umana, perché “senza lavoro non c’è dignità”. Lottare per il lavoro: la catechesi semplice di Papa Francesco sfiora accenti che un tempo avrebbe irritato molte sensibilità rigidamente cattoliche.Il collegamento tra mancanza di lavoro e condizione di povertà si fa sempre più evidente e reclama l’attuazione di interventi concreti di sostegno. Su tutto questo si è impegnata la politica, e la stessa dottrina sociale della Chiesa ha dato un grande contributo, a partire dall’enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII, che affermò che il lavoro non doveva essere trattato come merce.
Si inserirono così energie credenti nel grande moto storico del movimento operaio che è stato, tra avanzate e crisi, il principale motore del progresso sociale, almeno nel mondo sviluppato.
Poi è sopraggiunta la rivincita delle dottrine liberiste. e si è tornati a proclamare che il lavoro altro non è che un fattore della produzione, dunque va assoggettato alla legge della domanda e dell’offerta, e che la piena occupazione non può essere altro che quella consentita dalle convenienze del mercato, così come solo nel mercato può realizzarsi, si fa per dire, una qualche tutela della condizione del lavoratore. E ciò mentre l’economia sempre più si avvita nelle acrobazie dei meccanismi finanziari e della speculazione. In un simile contesto l’equazione tra lavoro e dignità umana si è sbilanciata a vantaggio di quello che un altro Papa, Pio XI, chiamò “l’imperialismo del denaro”.
Anche su questo punto si è soffermato Papa Francesco, denunciando l’esistenza di una vera “idolatria del denaro”, sottolineando che si tratta della violazione non di un qualsiasi precetto morale, ma del primo comandamento: “non avrai altro Dio al di fuori di me”, nel senso dell’adorazione di una entità diversa dal Dio unico, anzi, alternativa ad Esso: il profitto, il denaro.
Gesù diceva: “non potete servire a due padroni, a Dio e a Mammona”.
La critica è radicale, e mette in crisi ogni coscienza. Comporta un giudizio che relativizza la ricchezza e la giustifica solo come strumento da utilizzare per finalità superiori, nel nostro caso il lavoro-dignità, da impiantare nella profondità dell’ordinamento sociale. Può aiutare, al riguardo, la lettura che il teologo fiorentino Enrico Chiavacci, recentemente scomparso, dava del settimo comandamento “non rubare” : “ Primo, diceva, non arricchirti”, secondo, “se hai, hai per dare”. Davvero una bella sfida per la coscienza cristiana, anche in termini di umana responsabilità

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