PREGARE O RECITARE PREGHIERE?
Gran parte dei cristiani è stata abituata non a pregare, ma a dire le preghiere. Confessando le persone spesso tra i peccati ci si accusa: “non ho detto le preghiera del mattino e della sera”. Alla domanda: “Durante il giorno, preghi?”, spesso si guarda il confessore con meraviglia: “Che domande sono queste? Non sono mica un prete o una suora. Ho da fare, io|”. Se poi il confessore domanda: “Durante il giorno non ti rivolgi mai al Signore per ringraziarlo, per chiedere aiuto, per chiedere perdono?”, spesso si risponde: “Sì, quello sì. Io ci parlo con il Signore, però non so se questo vale! Ma, siccome non sono preghiere, non contano. Come se il dire preghiere fosse un modo per accumulare dei meriti da presentare poi a Dio per ottenere ciò che vogliamo. E allora giù rosari, coroncine, novene, messe…
Questo modo di concepire la preghiera fa sì che la giornata trascorra senza la luce, l’aiuto, la compagnia del Signore.
C’è differenza tra dire le preghiere e pregare?
Gesù, nel vangelo, dice che “bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai”. Ora come si fa a passare la giornata dicendo padrenostri, avemarie e gloriapatri, senza trascurare i normali impegni?
E’ possibilissimo, invece, compiere al meglio qualsiasi impegno, in collegamento sempre aperto con il Signore, per chiedere luce e aiuto, ringraziarlo, lodarlo, domandargli perdono, parlare con lui…
Questo è il pregare. Lo faceva Gesù invocando o ringraziando il Padre mentre faceva i miracoli.
Pregare sempre è come l’olio nel motore. Se non circola sempre il motore si ingrippa. Dire le preghiere, invece, è come la benzina: quando la spia segna rosso, bisogna fermarsi al distributore per fare il pieno.
Gesù dice: “Quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
Anche lui faceva così. Non avendo una camera a disposizione, ogni tanto lasciava le folle e i dodici, per recarsi in un “luogo solitario” a pregare.