Vangelo della domenica (21-06-2015)

LA FEDE NELLA TEMPESTA

dom XII del to anno bGesù si rivela come dominatore non solo delle malattie, DELLA MORTE e delle forze demoniache, ma anche degli elementi della natura nella loro espressione più potente: il mare. Nel simbolismo della Bibbia, il mare, pur sottomesso al dominio di Dio, rimane un mondo carico di misteri e di pericoli, a motivo della profondità dei suoi abissi, della sua potenza distruttrice quando si scatena. Esso rappresenta la forza del male.
La parola di Dio di oggi ci descrive una scena che comprende: una situazione di pericolo, l’invocazione fiduciosa di Dio, l’intervento miracoloso del Signore, l’azione di grazie (salmo), lo stupore e il timore (vangelo). Il temadelle fede-fiducia nelle prove è centrale. Gesù fa ai discepoli la domanda-rimprovero. “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”.

E’ strano che Gesù rimproveri di mancanza di fede proprio quando i discepoli si rivolgono a lui pieni di fiducia. Ma Gesù non rimprovera tanto la fiducia, quanto l’atteggiamento interessato per cui la fiducia è tutta rivolta ad ottenere qualcosa. Questa fede è troppo imperfetta.
L’uomo primitivo aveva un istintivo senso del sacro, era affascinato da quel mondo, ma, allo stesso tempo ne aveva timore, e cercava di propiziarsi la divinità con offerte e sacrifici. Anche oggi molti credenti pregano e fanno del bene per ingraziarsi Dio, e pensano che quanto più sono pii e buoni, tanto più Dio sarà buono con loro.
In verità, però l’uomo moderno ha raggiunto e aumenta sempre di più un notevole dominio sulle forze della natura, e anche di fronte a grandi fenomeni naturali (terremoti, ecc), è più proteso a cercarne le cause che a trovarvi il segno della presenza di Dio.
Dio non è più visto come fondamento, garante e vindice dell’ordine della natura. Si cerca di collocare Dio oltre il mondo e la natura. Questo porta anche a non rispettare la natura e le sue leggi, come nel caso della terra dei fuochi a Campania, del cemento- amianto in Piemonte, o dell’Ilva in Puglia, e molti altri. Le tragiche conseguenze di queste colpe dell’uomo non sono un castigo di Dio, ma la naturale conseguenza del disprezzo dell’uomo verso l’ordine che Dio ha dato alle cose.
Il nostro Dio non è un dio tappabuchi. La nostra fede in lui non è né fuga né disimpegno. La fede è impegno continuo proprio perché crede nonostante le tempeste in cui viene continuamente messa alla prova.
Aver fede significa abbandonarsi a Dio anche quando lui “dorme”, perché sappiamo che nessuna difficoltà può vincerci; Dio le ha vinte. Questo, però, non ci isolerà dal mondo fino a saltare i problemi del mondo, perché sappiamo che il piano di Dio è quello di liberare il mondo dal male, e che in questo processo di liberazione il cristiano è chiamato a collaborare, lottando al suo fianco, prendendo sul serio i problemi del mondo, senza perdersi di coraggio.

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