Vangelo della domenica (25-08-2013)

XXIa DOM. DEL TEMPO ORDINARIO:  LA PORTA STRETTA DEL DONO                                                                                                   DELLA VITA

Quando qualcuno ci ama veramente e profondamente, scopriamo noi stessi e non ci sentiamo più soli. La vittoria sulla solitudine genera la gioia, allora vivere è una festa. Il regno di Dio è comunione, per questo il suo avvento inaugura un tempio di gioia. Ad esso tutti gli uomini sono invitati.
Il popolo di Israele credeva di essere privilegiato, ma il profeta gli dice che il privilegio non è né incondizionato né esclusivo. Gli uomini sono di fronte a Dio come un’unica famiglia. Dall’incontro con lui non è escluso nessun popolo, nessun uomo.
Il privilegio di Israele ha il significato di proclamare a tutti gli uomini che non è l’origine o la razza che fonda l’uguaglianza tra gli uomini; tutti gli uomini devono avere le stesse possibilità perché tutti hanno una identica mèta: incontrarsi col padre, contemplare la stessa gloria, e quindi operare una convergenza e una uguaglianza universali (1a lettura). Se c’è una sola mèta, c’è anche una sola porta d’ingresso: la porta stretta che è Gesù, la sua parola, il seguirlo, da discepoli sulla via della croce. Con lui la salvezza non viene più offerta solo agli appartenenti ad un popolo, ma a tutti coloro che risponderanno alla sua chiamata e passeranno da quella porta che conduce al banchetto del regno di Dio.
Gesù con la sua risurrezione è il primo invitato e si è già assiso, è il primo che ha compiuto il regno. L’invito del Padre è reale e ci aspetta tutti. Cristo con la sua morte ha dimostrato che l’entrata nel regno non è un privilegio per nessuno. L’invito è per tutti. Ora siamo veramente tutti uguali.
Ma la morte è anche il modo con cui egli è entrato: è la porta stretta. Solo chi avrà donato la vita come Gesù potrà entrare nella sala e sedere al banchetto. La tradizione, la parentela, non gioveranno per la salvezza, e neppure le parole, la cultura o l’appartenenza alla chiesa. Sarà solo l’impegno per la costruzione di un mondo che sia visibilmente la concreta realtà del regno.
L’impegno per realizzare una fraternità e una comunione fa scoprire il volto di chi mi siede vicino o davanti alla mensa del regno. Una cultura cristiana forse lo rendeva meno chiaro e spesso gratificava automaticamente la salvezza facendo dei battezzati automaticamente gli appartenenti al regno, com’era per gli Ebrei l’appartenenza alla stirpe di Abramo. L’invito al banchetto ha per tutti una sola risposta: donare la vita sull’esempio di Gesù

 

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