Vangelo della domenica (28-09-2014)

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
“… VI PASSANO AVANTI NEL REGNO DI DIO”

La parabola del vangelo di oggi Gesù la rivolge particolarmente ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo. Egli ribadisce la sua predilezione per i peccatori e per tutti coloro che sono disprezzati da quelli che si ritengono giusti. Arriva a dire che questi “poveri” sono più vicini alla salvezza dei benpensanti che si ritengono giusti e amati da Dio perché compiono scrupolosamente tutti i dettami della Legge. E non si ferma soltanto alle parole: entra in casa di Zaccheo, si lascia lavare i piedi da una prostituta, sottrae l’adultera al linciaggio dei “puri”. Questi “poveri” sono vicini alla salvezza, perché la loro vita permette a Dio di manifestare la sua misericordia.
La parabola si rivolge dunque a coloro che si chiudono alla Buona Novella, a coloro che non vogliono riconoscere l’identità di Dio in nome della propria giustizia e si sentono paghi della propria sufficienza.
La fedeltà a Dio e la giustizia non si giudicano solo dal dire “sì”, ma dai fatti.
Bisogna avere il coraggio di sporcarsi le mani e rischiare la faccia nella ricerca dei nuovi valori più vicini alla libertà, all’amore, alla felicità dell’uomo. E’ sulle scelte operative che si giudica l’appartenenza. “Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli” (Mt 7,21). Le parole, le ideologie possono ingannare, possono essere un’illusione o un paravento. La verità dell’uomo si scopre nelle sue opere. In esse l’uomo mostra ciò che è.
Ecco il significato di quella espressione che provoca tanto le orecchie dei benpensanti: “… i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”.
Secondo la cultura religiosa del tempo, essi hanno detto “no”, ma ciò che conta è la loro profonda disponibilità. La volontà di compiere non a parole ma coi fatti, le opere di penitenza.
Dio non ha mai deciso di rigettare Israele e di adottare le nazioni pagane. E’ stato il comportamento nei riguardi del Messia che ha fatto loro perdere il ruolo che esercitavano. Il loro “sì” alla Legge li ha portati a dire “no” al Vangelo.
E’ diffusa una concezione esteriore e quantitativa della religiosità come se essa si possa misurare in base all’appartenenza o alle presenza alla messa, ai sacramenti, ecc. D’altra parte si può verificare un chiaro influsso evangelico in persone e gruppi apparentemente estranei alle comunità.
La religione presenta diversi livelli e diverse modalità di esperienza: può essere vissuta come una somma di pratiche, di devozioni, di riti quasi fine a se stessi; come una visione del mondo e delle cose; come un criterio di giudizio su persone, valori, avvenimenti. Può manifestarsi come codice morale e norma dell’agire o come integrazione fede-vita, cioè come sintesi sul piano del giudizio e dell’azione, fra il messaggio del vangelo e le esigenze e gli impegni della vita personale e comunitaria.
Il vero cristiano opera l’integrazione fede-vita. Il “sì” della sua fede diventa il “sì” della sua vita; la parola delle labbra diventa azione e gesto delle sue mani e del suo fare. La discriminazione tra il “sì” e il “no” non passa attraverso le pratiche e l’osservanza delle leggi, ma attraverso la vita.

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