Vangelo della domenica (29-09-2013)

XXVIa DOM. TEMPO ORDINARIO:
LA RICCHEZZA ALIENA DAI BENI DEL REGNO

Povertà e ricchezza sono situazioni antiche quanto il mondo. Ma hanno fatto e continuano a fare problema.
Le interpretazioni e le soluzioni sono molte. C’è chi collega povertà e ricchezza alla “fortuna” e al caso. Chi vede nella povertà il segno della incapacità e del disordine morale e nella ricchezza il segno e il premio dell’intelligenza, del merito e della virtù. Per altri è proprio il contrario: chi è onesto non si arricchisce, perché per diventare ricchi non bisogna avere troppi scrupoli di coscienza. Ricchezza coincide con sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo: il ricco è un ladro, disposto a tutto per difendere il suo privilegio. Nasce il disordine costituito, la società violenta. E nasce il problema: come fare giustizia? Come dividere giustamente i beni della terra e i frutti del lavoro dell’uomo? Come cambiare l’ordine delle cose?
Anche nella Bibbia troviamo una duplice “lettura” della povertà e della ricchezza. Da una parte la povertà è scandalo, un male da togliere che è quasi la cristallizzazione del peccato, mentre la ricchezza è il segno della benedizione di Dio. L’amico di Dio è l’uomo dotato di ogni bene. Il povero è colui nel quale si specchia il disordine del mondo.
Ma c’è anche tutta una linea profetica che termina nel “guai a voi, ricchi!” di Gesù e che vede nella ricchezza il pericolo più grave di autosufficienza e di allontanamento da Dio e di insensibilità verso il prossimo. E contrapposto al “guai a voi, ricchi!” c’è il “beati i poveri”: La povertà è una condizione privilegiata per l’esperienza religiosa. Il povero è l’amato da Dio: a lui è annunziato il Regno Il povero è il primo destinatario della Buona Novella. La povertà non è più disgrazia e scandalo, ma beatitudine. La beatitudine del povero sarà pienamente rivelata dopo la morte, con un rovesciamento delle situazioni (vangelo).
La parabola del ricco epulone va considerata allora come l’accettazione fatalistica di un disordine costituito in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, in cui il ricco opprime il povero? E come consolazione alienante per i poveri di questo mondo?. La religione è l’oppio che addormenta e tiene buoni i poveri? Questo modo di leggere la parabola è una caricatura del vangelo.
Il vangelo è denuncia profetica di ogni ordinamento ingiusto e rivelazione delle cause profonde dell’ingiustizia. Papa Francesco, domenica scorsa, parlando, in Sardegna, ai lavoratori licenziati, disoccupati, in cassa integrazione, ha detto che bisogna “lottare” per il lavoro.
Il vangelo è una forza dinamica di trasformazione e di cambiamento.
L’obiettivo non è quello di mettere i poveri al posto dei ricchi, perpetuando le “strutture di peccato” cambiandone i protagonisti, ma di operare una conversione radicale, ricchi e poveri insieme, alla ricerca di una trasformazione nonviolenta della società nella prospettiva del vero bene comune.

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