Vangelo della domenica (5-10-2014)

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
IL GIUDIZIO DI DIO SUL SUO POPOLO

La vigna e la sposa sono immagini che frequentemente ricorrono nell’Antico Testamento per indicare il rapporto del popolo con il suo Dio. Nelle letture di questa domenica le due immagini si sovrappongono. Le attenzioni di cui la vigna è circondata sono quelle che Dio prodiga alla sua sposa. Il legame tra le due immagini è testimoniata anche dal salmo 128: “la sposa è come vite feconda nell’intimità della casa”.
Il giudizio che Dio porta sulla vigna si svolge in pubblico, come esigeva la legge in caso di adulterio. La condanna della vigna alla sterilità è la maledizione inflitta alla sposa infedele.
Le immagini della vigna e della sposa sono un esempio della storia della salvezza, dell’agire di Dio nei confronti del suo popolo e del mondo intero.
Il dialogo di Dio con gli uomini si rivela in forma drammatica, ma alla fine è sempre l’amore che trionfa sul rifiuto e sulla infedeltà dell’uomo.
Ecco perché salta subito agli occhi la differenza tra la prima lettura e il vangelo: mentre secondo il profeta, Dio abbatte la vigna che non produce frutti, nella parabola evangelica essa è consegnata ad altri “vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo”. Viene indicato così il compito della chiesa dopo la morte di Gesù. La chiesa è il nuovo popolo che ha la missione di “portare frutti”. Essa ha preso il posto di Israele e l’ha preso a Pasqua, quando “la pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo”. Questa pietra è Gesù, che, respinto e crocifisso, è ora risorto, e diventa il fondamento stabile su cui ogni costruzione futura dovrà poggiare. Il popolo eletto rifiuta Gesù come messia, continuando la tradizione di rifiutare i profeti, perché il loro messaggio non coincide con le attese e i gli interessi di potenza del popolo stesso. Ma nonostante ciò l’iniziativa di Dio giunge a compimento, proponendo il “rifiutato” come Signore vivente ad un altro “popolo”.
Israele rifiuta Gesù, Dio ripudia il suo popolo, ma la storia della salvezza continua, in un modo nuovo.
La storia di Israele e il suo misterioso destino richiamano anche noi, oggi, al mistero di una elezione che per colpa dell’uomo si cambia in riprovazione, mentre emergono e si fanno avanti nuovi predestinati. Nessuno di noi cristiani si sente al di fuori di questo tremendo mistero, perché la vicenda del popolo eletto si può ripetere per ciascuno di noi, in quanto l’elezione da parte di Dio esige sempre una fedele risposta personale.
Abbiamo la promessa che il “nuovo popolo” non sarà riprovato e che le potenze del male non prevarranno contro la chiesa, ma è sempre impressionante pensare come parecchie delle fiorentissime comunità cristiane dei primi secoli del nord Africa e dell’Asia Minore sono state cancellate dalla faccia della terra e di esse non rimane che il nome ed il  ricordo. Che cosa sarà delle nostre comunità cristiane fra qualche decennio? Saranno chiese fiorenti, comunità fervorose e vivaci, o la fiaccola della fede e dell’elezione passerà nelle mani delle nuove chiese africane, asiatiche e dell’America latina? Si parlerà delle nostre chiese come ora noi parliamo della chiesa di Pergamo, di Filadelfia, di Ippona? Cioè come di chiese del passato il cui ricordo sopravvive solo nella memoria e nei monumenti?
Il processo di secolarizzazione che in molti casi ha già ridotto la chiesa in stato di diaspora e di presenza poco significativa, cancellerà nelle nostre regioni ogni vestigio di tradizione e di cultura cristiana, o sarà l’occasione per la riscoperta di un nuovo modo di essere cristiani e di vivere il vangelo?

5 ottobre 2014

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